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Corriere delle Alpi

Centro islamico, Iannelli: «Trattiamo»

Per l’ex sindaco i ricorsi rischiano di essere un costo insostenibile per il comune di Fonzaso, Lira invece vuole tenere duro. Cercare una mediazione con i promotori del centro islamico ad Arten per evitare il sorgere di una moschea facendo qualche concessione, senza correre il rischio di perdere l'appello al Consiglio di Stato e continuare a spendere per i ricorsi. A chiederlo è il consigliere di minoranza Alfredo Iannelli (lista Uniti per Fonzaso): «È difficile che il Consiglio di Stato stravolga la sentenza del Tar contro il diniego del Comune sulla moschea ad Arten, anche se mi auguro che non sia così. Ma facciamo l'ipotesi peggiore che venga dato ancora torto al Comune: l'amministrazione poi intende ricorrere alla Corte Europea? Allora le spese che già ci sono state per il Tar (poco meno di 7 mila euro) e ci saranno (presumibilmente maggiori) per l'appello, schizzeranno alle stelle». Questa la posizione di Iannelli, che raccomanda all'amministrazione Pellizzari di «fare un tentativo con la proprietà o chi è responsabile di questa cosa per vedere se si può trovare un accomodamento che non sia quello impattante di un luogo di preghiera. Il concetto di fondo che ho sempre espresso anche in campagna elettorale è la contrarietà alla moschea», sottolinea, «ma fare appello costa e non so se le finanze del Comune siano così floride da permettersi ricorsi e ricorsi, con l'eventualità di perdere e che la controparte faccia quello che vuole».

La decisione di appellarsi al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar di Venezia - che ha riaperto la partita della sala di preghiera ad Arten accogliendo il ricorso presentato dalla Samaria costruzioni (che ha la proprietà dell'edificio) contro il diniego del Comune – è stata comunicata lunedì sera in consiglio dal sindaco Ennio Pellizzari, rispondendo all'interrogazione presentata dal consigliere di minoranza Massimo Corso. Il rappresentante della lista Per Fonzaso si dice «contento della decisione di presentare ricorso. Ma cinquanta giorni per pensare sul da farsi sono un po' troppi», aggiunge. «Se avessi avuto il consenso elettorale, non avrei atteso un giorno. La questione è urgente, avrei subito incaricato il legale, togliendo l'ansia alla cittadinanza senza aspettare un'interrogazione per farmi svegliare dal torpore della vittoria», tuona Massimo Corso. «Sulla questione economica poi, la popolazione avrebbe potuto essere informata. Avrei chiesto ai cittadini e sarei andato avanti il giorno dopo, invece di tenere la cittadinanza cinquanta giorni sulla corda». Si dichiara «d'accordo sul ricorso» anche il Fermino Lira, capogruppo dell'altra lista, Rinnovamento per la comunità. «Lo abbiamo detto anche in campagna elettorale».

Raffaele Scottini

16 Luglio 2014