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Corriere delle Alpi

Centro islamico, il Comune farà appello

Fonzaso, il neo sindaco Pellizzari valuta di ricorrere al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar che sblocca l’opera.

«Non chiamiamola, per favore, moschea. In effetti non lo è. Certo però che la volontà espressa da 1274 persone che non la vogliono, va rispettata». Per cui? «È probabile che faremo appello al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar. Lo decideremo nei prossimi giorni, insieme ai nostri legali, analizzando puntualmente il dossier». Chi parla è il nuovo sindaco di Fonzaso, Ennio Pellizzari. Che personalmente, magari, ha idee differenti dal predecessore ma che nei fatti non intende tradire la sua gente.

Gianluigi Furlin, a lungo sindaco di Fonzaso, reduce da un rotondo no al cambio di destinazione d’uso dello stabile di Arten che secondo la comune vulgata dovrebbe essere trasformato in moschea («ma non è così», precisa lui stesso), sostiene infatti che non sarebbe saggio da parte dei nuovi amministratori intraprendere su questo delicato argomento una strada diversa.

Il Tribunale amministrativo regionale ha deciso, in pochi giorni, ancora in maggio, quindi prima delle stesse elezioni, di dar ragione alla società Samaria intervenuta per stoppare il no dell’amministrazione comunale all’ampliamento del fabbricato di Arten. Un complesso di 4 negozi e 4 appartamenti, con parcheggi esterni ed interni, ed una possibile costruzione nuova con possibilità di vendita all’associazione “Un passo verso la speranza”. Associazione che vorrebbe realizzarvi un centro commerciale comprensivo di supermercato, libreria, un bar e altre attività.

«La mia amministrazione non ha detto di no a questo progetto, ma esclusivamente all’ampliamento dell’immobile per aprire una moschea o una sala di preghiera», spiega l’ex sindaco Furlin. «Quando venne da me un investitore arabo, accompagnato da un avvocato, mi spiegò che loro avevano 12 milioni di dollari da impegnare in questo sito e che avrebbero creato 30 posti di lavoro. Quando ho capito che in verità volevano costruire anche una moschea, guarda caso nell’area verde destinata ad una palestra di roccia e ad altre attività (tanto che avevano riservato 50 mila euro per l’esproprio), mi sono consultato con la Comunità montana e la Regione ed abbiamo deciso di fare opposizione».

Un'opposizione sancita a suo tempo in consiglio comunale con il voto contrario motivato dal fatto che l'immobile si trova in zona D2, cioè a destinazione commerciale e artigianale di servizi, mentre gli edifici di culto vanno in zona F. Il Tar ha accolto il ricorso basandosi sul presupposto che non è possibile condividere le argomentazioni «laddove si sostiene come il Comune abbia inteso valutare la costruzione nel suo complesso, in quanto diretta a realizzare un centro islamico e una moschea».

La partita si gioca sul piano urbanistico. Nel complesso resterebbe una sola unità abitativa e le altre tre verrebbero trasformate in locali per il terziario. Il corpo aggiuntivo sarebbe destinato a «sala riunione e sala specifica per luogo di preghiera e convegni». Ecco perché, come spiega il sindaco Pellizzari, è semplificatorio parlare di moschea. A suo avviso bisogna evitare di dare al problema un’impostazione ideologica, per prenderlo in esame, invece, dai diversi punti di vista. «Ed è quanto», aggiunge il primo cittadino, «faremo fin dai prossimi giorni. Dopo una serena, ancorché puntuale verifica, decideremo, come probabile, il ricorso al Consiglio di Stato. Ciò che ancora non riusciamo a comprendere è la rapidità con cui è stata emessa la sentenza. Non so se questo aspetto ci riserverà delle sorprese rispetto alla nostra azione futura».

Il sindaco Pellizzari mette le mani avanti, precisando che non è il suo parere personale a dover contare in questo momento, ma la coerenza con la volontà espressa dalla popolazione attraverso la raccolta di firme. Firme, però, che per una parte consistente, poco meno della metà, sono arrivate da fuori paese. Pellizzari conclude dicendo che vuole rifletterci a lungo sul da farsi, perché «non c’è tutta questa fretta» di replicare al Tar, con il ricorso o meno. E questo anche perché «in Comune ci sono altre emergenze da affrontare». Come dire, evitiamo la crociata.

15 Giugno 2014